Operazione Suez 1941 - 1942: un nuovo racconto di Franco Harrauer che ci riporta verso la fine della seconda guerra mondiale. Un piano operativo che si avvaleva d mezzi navali da guerra leggeri, ma incisivi e di altre unità volanti.. un racconto avvincente che intreccia la realtà e fantasia...
Suez 1941- 42 prima puntata
Akron: nave da battaglia volante
Akron: nave da battaglia volante
Il dirigibile inventato dai tedeschi come arma strategica offensiva, fu impiegato anche dalla USAir Force con due modelli: l'Akron e Macon. L'architetto Franco Harrauer, descrive accompagnando il tutto da alcuni disegni ricchi di dettagli, la tecnica di questa macchina da guerra considerata strategica dalla Marina Americana, ma rivelandosi poi un insuccesso per alcuni limiti tecnologi
A bala du’ sciu’ Pin
Franco Harrauer è indubbiamente una preziosa memoria storica della tecniche costruttive particolari, classificate e non del periodo bellico e post bellico riferito alla Seconda Guerra Mondiale. Questa volta narra di una misteriosa macchina di Portofino, possibile superstite della ricerca del tesoro affondato con la flotta spagnola nella Baia di Vigo e della sorprendente analogia costruttiva rivelata sulla “DOMENICA DEL CORRIERE” confrontata con quella fatta a memoria
Suez 1941-1942: II puntata
“Lago di Lesina: fine novembre 1941“ - Il lago o meglio la laguna di Lesina è un grande specchio d’acqua collegato al mare da un piccolo canale situato ai piedi del versante Nord del Massiccio del Gargano. Ha una forma allungata parallela al mare che si sviluppa per circa venticinque chilometri. Sulle sue sponde occidentali vi è un piccolo borgo di pescatori da cui il lago prende nome di Lesina...
Piaggio PC 7 Pinocchio
L'architetto Franco Harrauer non finisce mai di stupirci con le sue notiizie storiche particolari e ci riferisce di un idrovolante speciale degli anni '20 - '30, il "Piaggio PC 7 Pinocchio" che insieme al "Macchi MC 72" ed altri si davano battaglia in occasione della "Coppa Schneider" per il primato mondiale di velocità e scopriamo che questo velivolo aveva una "doppia propulsione": una ad elica immersa e l'altra ad elica aereo
Sommergibile Nautilus
Franco Harrauer ci racconta del sommergibile "Nautilus" partendo dal significato etimologico di questa parola: genere di mollusco cefalópode, tetrabranchiato, sopravvissuto al Mesozóico... Questo nome ha sempre esercitato uno strano fascino sui costruttori di mezzi sottomarini. Suggestione forse dovuta al suo complesso e mirabile sistema di equilibrio idrostatico che ispirò nell’Ottocento a Jules Verne il suo “Ventimila leghe sotto i mari”
Suez (III puntata) di F. Harrauer
Suez (III puntata) di F. Harrauer
Il Westland “Lysander“ è un brutto e strano aeroplano, una fusoliera tozza che termina in un grosso motore stellare sostenuta da un’ala lunghissima e stranamente piegata in avanti
SUEZ – quarta puntata: Il CAIRO “Gezira Club“
SUEZ – quarta puntata: Il CAIRO “Gezira Club“
IL CAIRO “Gezira Club“...Il fumo aromatico passò gorgogliando nell’ acqua di rose e fresco arrivò nel bocchino di ambra che Osama mordicchiava da più di un’ora.. Così la quarta ed intrigante puntata di Suez, in cui l'autore Franco Harrauer..
Suez – ultima puntata
L’azione descritta è immaginaria, ma nel 1941 fu realmente pianificata nella strategia delle possibilità offerte dai mezzi e dagli uomini della “X Flottiglia MAS”. I nomi dei protagonisti principali sono immaginari, al contrario dei nomi degli operatori delle altre azioni descritte.
“O misterio das amphoras” di Franco Harrauer
“O misterio das amphoras” di Franco Harrauer
L'architetto Franco Harrauer ci racconta di una storia incredibile che nasce da un "ritrovamento tarocco" di anfore avvenuto sul fondo della "baia di "Rio de Janeiro" nel 1982 e di cui ci descrive con la testimonianza del noto sub Amerigo Santarelli
La lunga apnea di de La Penne
«E allora persi la pazienza, ero incazzato e stanco, gli mollai un pugno in testa e dopo avergli serrato il boccaglio tra i denti, lo spinsi sott’acqua dentro la garitta: Vai con Dio! Era come un corpo morto... »
R.N. Araxos – prima puntata
“Dodici isole“ in lingua greca “dodekanissa“ secondo la loro etimologia è il nome del gruppo meridionale delle Sporadi “sparse“, tra la Turchia e l’isola di Creta. Dodici bellissime isole selvagge
R.N. Araxos – ultima puntata
MARE EGEO: notte tra i 26 ed il 27 Marzo 1941
L’Ankara a pieno carico beccheggiava malamente ed immergeva la sua prua anche nelle corte onde crestate di bianco che il maltempo levatosi improvvisamente.
Gabbiano o Delfino? di Franco Harrauer
Gabbiano o Delfino? di Franco Harrauer
Una chicca che proponiamo su AMB circa gli studi ed esperimenti dell'architetto Franco Harrauer (anni '70), per ottenere più alte velocità sopra e sotto la superficie dell'acqua possibilmente con potenze inferiori.. Sforzi tecnologici enormi... un precursore del presente? direi di si....
La velocità – di Franco Harrauer
La velocità – di Franco Harrauer
I concetti strutturali della futura barca veloce: l'arch. Franco Harrauer nel lontano 1965 effettuava degli studi sulle carene veloci che ipotizzava per il futuro, ma dopo 25 anni da questi studi comparvero diverse barche da diporto con eliche di superficie..
“Effetto Suolo” di Franco Harrauer
“Effetto Suolo” di Franco Harrauer
Dalle mie prime esperienze di pilota di aereo ricordo sempre gli interminabili secondi di terrore che precedevano il contatto del velivolo con la terra. Allora non conoscevo l'effetto suolo (ground effect) che faceva galleggiare il mio aereo a circa mezzo metro da terra con il motore spento, mentre mi mangiavo inesorabilmente tutta la lunghezza della pista senza riuscire a toccare terra.
Restauro – Lalin VII – barca classica (prima puntata)
Restauro – Lalin VII – barca classica (prima puntata)
Restauro Lalin VII – barca classica
Cantieri di Chiavari – sportfisherman 1420 – Lalin VII
L’eclettico architetto Franco Harrauer progettò per i Cantieri di Lavagna lo sportfisherman Lalin VII e fu pubblicato un articolo di presentazione a suo tempo sulla rivista “Mondo Sommerso”, di cui la scansione:
oltre che su AMB al seguente link:
99 Barche di Franco Harrauer
Un appassionato di barche classiche acquistò la barca Lalin VII dal precedente armatore che l’aveva avuta per molti anni.
Le foto e le informazioni pubblicate si riferiscono al periodo antecedente ai lavori di restauro. La barca, appena acquistata, è stata condotta in navigazione da Sanremo a Milazzo senza alcun problema.
Anzi, la barca ed i suoi occupanti durante la traversata hanno superato una forte burrasca con mare 7, fra Punta Ala e Marina di Grosseto.
Dati di targa Lalin VII:
- Costruzione n.8 Cantieri di Lavagna: Anno 1967 – Santa Margherita Ligure
- Lunghezza f.t. 16,34 m.
- Lunghezza P.P. 14,82 m.
- Lunghezza al galleggiamento 12,32 m.
- Larghezza: 4,60 m.Immersione 0,70 m.
- Stazza Totale Lorda: 24,79 tonn.
- Dislocamento a vuoto: 14,35 tonn.
- Dislocamento a pieno carico: 17,30 tonn.
- Materiale di costruzione: Legno
- Opera viva: Compensato marino con sovrapposti corsi di mogano, ordinate in acacia su longitudinali in mogano, chiodatura in rame, chiglia lamellare in iroko e mogano.
- Opera morta: Compensato marino di mogano.
- Interni e coperta: Mogano e Teak
- Motorizzazione: 2 Motori Turbo Diesel Cummins VT8-370-M, da 370 cv. cad., 8 cilindri a V, iniettore/pompa, 4 valvole per cilindro – cilindrata 12.864 cc. Peso 1.260 Kg. cad.
- Invertitori: 2 invertitori idraulici Twin Disc MG-509
- Serbatoi: gasolio 2.000 litri – acqua: 400 litri
- Velocità max: 25 nodi
- velocità crociera: 20 nodi, dislocamento fino a 10 nodi.
Compartimentazione:
- Cabina ospiti indipendente a prua con 2 letti e bagno.
- Cabina armatore con 2 letti.
- Cabina ospiti con 2 letti.
- Bagno principale.
- Cabina marinai a poppa con bagno, 2 posti letto.
- Salone/Dinette con divano a L e tavolo di carteggio.
- Cucina con stipetti.
- Posto di pilotaggio interno.
- Fly Bridge con secondo posto di pilotaggio e divani a C.
- Sala macchine ad altezza uomo
- Locali tecnici a poppa per impianti ed attrezzature
- Impianto dissalatore capacità 100 litri/ora di acqua potabile da acqua di mare
- Autoclave con pompa centrifuga
- n. 4 Pompe di sentina, 2 a centro barca e 2 a poppa
- Boiler 30 l. 220v.
- Generatore elettrico Onam da 7 Kw.
- Fax meteo Furuno
- Radar Furuno portata 24 mg.
- Pilota automatico Robertson
- Gps Garmin
- VHF Labes Sirio multi 60SD da 25w.
- Pompa sgottamento acque bianche
- Bussole e strumentazione motori sia interna che esterna
- n. 2 Flaps con comando elettrico
- Faro su F.B. da 500 w.
- Gruetta per alaggio/varo tender
- Ancora Bruce da 18 kg. con 100 m. di catena
- Salpancora e tonneggio elettrico
- Frigorifero a 2 ante nel salone con compressore ed indicatori digitali temp.
- Freezer a pozzetto a poppa
- Passerella
- 2 zattere di salvataggio da 6 persone cad.
- Tuna Tower che permette l’avvistamento da un’altezza di circa 8 m.
- 2 Outrigger in peraluman ed ergal
- 2 eliche di rispetto
Adesso i lavori sono giunti a metà dell’operazione di restauro seguendo le dritte suggerite da Cecchi, con trattamento in resina epossidica.
Le foto pubblicate si riferiscono alle fasi di restauro portato avanti dall’armatore e due amici, impiegando cinque anni del loro tempo libero con circa 4.000 ore di lavoro. Quando la barca fu acquistata e condotta da San Remo a Milazzo sembrava che l’unica cosa che gli serviva era una bella riverniciata.
Purtroppo ma man mano che si continuava nello smontaggio, guardando nei punti più nascosti, è stato scoperto quello che il tempo e il mare inesorabilmente comportano. Considerando che il precedente armatore l’ha tenuta per più di venti anni ed era una persona che teneva molto a questa barca. Lo dimostra la documentazione cartacea che ha consegnato all’attuale armatore in cui segnava come funzionava ogni singola parte, dal dissalatore alle pompe, al gruppo elettrogeno, ai tagliandi di manutenzione, alla sostituzione degli zinchi ecc..
La barca è stata venduta perché ormai l’armatore ultra ottantenne non poteva più curarla.
Subentrato il nuovo armatore è stato subito amore a prima vista, che ci ha riferito: ricordo che durante la traversata ci siamo fermati una notte a Porto Venere e ormeggiati in banchina a fianco di un bellissimo e modernissimo motor yacht inglese di una ventina di metri, siamo rimasti stupiti nello scoprire che gli sguardi dei passanti che passeggiavano sulla banchina, erano rivolti alla nostra vecchia barca e non al magnifico vicino.
Qualcuno si è anche fermato per chiederci delle informazioni al riguardo complimentandosi con noi.
La passione per le barche ed il mare del nuovo armatore iniziò all’età di sedici anni, (adesso ne ha 56), iniziando il restauro migliorativo ed essendo un perfezionista esigente ha scelto la strada più radicale necessaria a questa barca di durare ancora tanti anni, forse con l’intenzione di lasciarla ai suoi figli.
Una volta a secco tutta la carena per una superficie di 65 mmq, è stata portata a legno sostituito qualche corso marcio in prossimità degli astucci degli assi e di qualche presa a mare.
Di seguito si può osservare la situazione della barca prima delle operazioni di sverniciatura e discatura:
Come potete vedere dalle immagini molto eloquenti il pozzetto a poppa tutto intorno e verso gli ombrinali di poppa il marciume dei relativi legni di coperta è notevole e tutto questo perché su questo tipo di imbarcazioni spesso non erano previsti a sufficienza degli ombrinali capaci di far defluire via tutta l’acqua dovuta alle intemperie che, rimanendo stagnante proprio sui lati lungo i corridoi dei sottostanti trincarini, a lungo andare hanno generato la situazione che è visibile e non di poco conto, che ha impegnato seriamente per le operazioni di bonifica ed asportazione delle parti marce.
Oltre alle conseguenti operazioni di realizzazione delle parti nuove in compensato di mogano necessarie per riposizionare correttamente i ponti, incollando il tutto con l’uso di resina epossidica e silice colloidale, necessaria per la realizzazione di un collante con notevoli caratteristiche meccaniche capaci di ripristinare ed anche migliorare le caratteristiche meccaniche iniziali.
Quindi, secondo le indicazioni di Cecchi a cui l’armatore si è rivolto, visto che oltre ad essere un eccellete produttore di resine epossidiche e tutti gli additivi e quant’altro occorrente per la fabbricazione ex novo ed il restauro di imbarcazioni di ogni tipo e visto anche il gran numero di restauri eseguiti, ha una esperienza specifica assolutamente unica e non sbaglio se dico se la migliore del nostro paese di cui mi complimento perché basta leggere o sentire i suoi consigli che si capisce la grande passione che mette nello svolgere questa attività, aitando nel modo migliore possibile tutti gli armatori di barche di ogni tipo che, avendo un minimo di manualità e capacità, possono realizzare, modifiche, riparazioni e quant’altro sulle loro unità con piacere e successo.
Dalle precedenti foto si notano le ottime operazioni di asportazione della pittura vecchia, oltre alla discatura levigatura mediante una levigatrice rotorbitale ed asciugatura della carena che ormai tutta a nudo è possibile vedere in tutte le sue parti, inclusi i fori necessari alle viti per il serraggio delle tavole longitudinali alla struttura della barca.
Le tenute idrauliche degli assi sono di vecchio tipo a baderna regolabile che richiedono una corretta regolazione per fare in modo che l’acqua di mare non entri in sentina con le conseguenze dell’odiosa corrosione dovuta al sale che si genera sulle parti metalliche, oltre al caratteristico cattivo odore che l’evaporazione del sale crea in sentina.
Questo sistema obsoleto e non sempre facilmente regolabile, causa di tanti problemi di cui appena detto, sono stati sostituiti da tenute idrauliche che fanno circolare tramite un piccolo serbatoio di accumulo ed opportune canalizzazioni e guarnizioni a labbro cilindriche di tenuta ed una serpentina per il raffreddamento dell’olio. In poche parole, la tenuta degli assi non è più garantita dalla baderna, ma dall’olio che con la rotazione degli assi che si trasformano come una pompa rotativa, entra in circolo garantendo la tenuta degli assi senza far entrare in sentina una goccia d’acqua.
I vantaggi di questo nuovo sistema di tenuta idraulica degli assi sono:
- Mancanza assoluta di regolazioni delle baderne che ormai non esistono più
- Assenza di consumo degli assi
- Guadagno di almeno tre CV ad asse per il fatto che essi circolano liberamente e non stretti dalla baderna
- Riduzione del consumo di carburante
- Minori emissioni nocive di CO2
Questo sistema di tenuta idraulica degli assi è montato da tutte le unità militari della Guardia Costiera, Marina Militare, GdF non solo italiani, ma anche di diversi paesi del mondo. Il costo si fa sentire e varia secondo le dimensioni del diametro degli assi, ma quello che si riceve in cambio in termini di affidabilità e sicurezza non hanno prezzo. Quindi, consiglio di montare questo sistema idraulico di tenuta degli assi.
Una osservazione sull’impianto elettrico: le operazioni di smontaggio ed asportazione delle parti del ponte e trincarino che erano corrose e con tanto marciume hanno messo in evidenza alcuni fili dell’impianto elettrico, evidenziano che quest’ultimo è assolutamente obsoleto e poco sicuro a causa dei fili che corrono scoperti nelle fiancate interne delle murate ed ammassati in modo scorretto. Essi devono comunque essere protetti in guaine gommate flessibili oppure in tubi rk e quant’altro occorrente per realizzare un impianto elettrico sicuro ed efficiente.
Ritornando alle indicazioni di Cecchi è iniziato il trattamento con resina epossidica, sia per le riparazioni sia per l’impregnazione della carena in opera viva, che in opera morta, utilizzando sulla carena stessa, ove necessario, un tessuto composito mat+ biassiale 45° da ben 825 gr./mq. per concatenare in modo stabile il fasciame di mogano, che nei lunghi anni di lavoro ne portava i segni su cui si doveva intervenire assolutamente e di cui potete vedere dalle foto di seguito pubblicate.
L’asportazione in opera viva e morta del Lalin VII è stata eseguita da due tecnici. Uno provvedeva a riscaldare con una apposito cannello alimentato da gas butano, in modo rapido ed efficace per far sollevare la pittura dallo scafo, mentre l’altro tecnico provvedeva con un’apposita spatola a distaccare la pittura ormai sollevatasi e divenuta morbida per effetto del forte calore generato dalla fiamma.
Attenzione: questa operazione deve essere eseguita rapidamente prima che la pittura si raffreddi e si indurisca facendo tutto uno con il fondo in legno. Assolutamente da evitare questo inconveniente perché la pittura una volta raffreddata si attacca al legno fortemente e poi ci vuole più tempo, gas e lavoro per distaccarla, con il risultato che in qualche punto si potrebbe annerire il legno..
Se tale situazione creatasi è leggera, con la discatura o la levigatura a macchina o manuale, il nero va via. Tuttavia, se si tratta di una bruciatura del legno, la discatura o levigatura profonda potrebbe risolvere, ma poi si deve intervenire per ripristinare il piano del legno ormai compromesso dalla precedente operazione.
Successivamente è iniziata la fase di stuccatura dell’opera viva con resina epossidica addizionata di microsfere cave. La fase successiva è stata dedicata all’opera morta ed ai ponti di coperta intervenendo sulfondo del pozzetto, in qualche punto sotto gli oblò, su alcune parti della tuga, del fly bridge, per poi eseguire le opportune operazioni di incollaggio, laminazione, stuccatura delle nuove parti di compensati realizzati, dopo aver asportato le parte vecchie e corrose.. Le parti maggiormente colpite dal marciume sono state trovate nell’opera morta.
Attualmente si devono completare: la tuga e le sue fiancate, trattando il tutto con il sistema sopra descritto ed alla fine riverniciando il tutto. Per ultima una rinfrescata agli interni, per poi rimontare il tutto, dando una controllata ai motori.
Forse l’armatore incaricherà una squadra di professionisti per questa seconda e ultima parte di lavorazione della carena, poiché abbandonato dai suoi amici, da solo non potrebbe farcela.
(Fine prima puntata)
Buon Vento Franco Harrauer
Franco Harrauer il 9 Luglio 2016 ci ha lasciati.
Nato nel 1927 a Milano era un personaggio d’altri tempi. Una di quelle persone che ti lasciano il segno, un sorriso. Anche solo pensando a lui come uomo, vignettista, esperto di aerodinamica e una passione infinita per il mare arrivando così ad applicare le sue passioni in aero-idrodinamiche progettando imbarcazioni a motore da diporto, da lavoro ed anche a vela.
Un esperto a tutto tondo, architetto ed eclettico narratore, ha deliziato nel corso degli anni i suoi attenti lettori con tantissime storie e anche aneddoti romanzati dei mezzi di assalto della prima e seconda guerra mondiale.
L’approfondimento su sottomarini e apparati bellici per l’attacco a sorpresa davvero indimenticabili, le sue vignette allegoriche e alcune attrezzature subacquee (La pirofregata con il cavatappi) in un articolo di Ninì Cafiero.
I progetti ed i lavori di Franco Harrauer
Interessanti sono le applicazioni di materiali per i suoi scafi, particolare attenzione per i Trawler e per i catamarani, l’incontro con il suo amico e progettista Renato “Sonny” Levi ha portato ad alcune realizzazioni uniche nel loro genere. Tra queste ricordiamo una eccezionale ed unica barca a vela al mondo con carena planate: Exocetus Volants.
Numerosi sono i riconoscimenti come la Chiglia d’oro ed anche i brevetti che ancora oggi, sono un punto di riferimento per tantissime imbarcazioni sia da diporto, che da lavoro.
Franco Harrauer e AltoMareBlu
La collaborazione con AltoMareBlu ha radici profonde, la volontà e l’accordo con Franco, Antonio Soccol (amico da sempre di Franco) sono state quelle di avere un punto di riferimento ufficiale dove catalogare tutti i suoi racconti e tutte le sue realizzazioni.
Da un lavoro profondo di raccolta, catalogazione e correzione sono nate le serie di racconti:
- Operazione Suez 1941 – 1942
- La storia del Sommergibile Nessie
- La storia della Seconda Guerra Mondiale
- Il racconto R.N. Araxos
- 99 Barche progettate e realizzate da Franco Harrauer
- L’ultimo racconto di Franco (2016): O falso pao de aqucar
- Tutti gli articoli di Franco Harraur in AltoMareBlu
Un lavoro per i posteri, diceva così come spesso ripeteva Antonio grazie alla stretta collaborazione e amicizia che ne è conseguita con Giacomo che, da vero appassionato, è spesso “impazzito” a cercare di mettere ordine nell’immenso archivio di Franco.
Gli ultimi due anni non sono stati facili, alcune notizie ci erano giunte direttamente da lui, poi il tempo ha fatto il resto e non abbiamo chiesto per forma di rispetto cosa sia avvenuto in questi frangenti, ma alle nostre ripetute email una sola risposta aveva già chiarito che non era un momento facile.
Il ricordo di Franco Harrauer
Va ricordato l’uomo, il progettista, l’architetto, il vignettista, quell’uomo dotato di humor e di burbera battuta, sagace ed attento osservatore non ha spesso condiviso alcune nostre scelte editoriali, ma del resto è impossibile accontentare tutti, specie se di livelli così elevati ed acuti come lui.
Ci stringiamo tutti, certi di aver contribuito al ricordo di una persona che abbiamo imparato a stimare, a capire ed anche a contestare, non certo facile da gestire. Ha lasciato in noi un grosso vuoto e speriamo che quanto voluto da Franco e pubblicato su AltoMareBlu resti davvero a disposizione di quanti vorranno approfondire sull’opera di quest’uomo che tanto ha realizzato per la nautica e non solo.
Le condoglianze vanno alla famiglia, il rammarico è aver avuto la notizia solo poche ore fa, la distanza è davvero molta, ma crediamo fermamente e speriamo che gli alisei gli siano congeniali in questo viaggio che lo porterà dove lui vorrà andare. Per noi che lo abbiamo conosciuto per un breve periodo della sua vita il ricordo è forte ed anche la nostalgia!
Ciao Franco, buon vento da tutti noi!
Staff di AltoMareBlu
Sommergibile Nessie, fantasia o realtà?
Sommergibile Nessie, fantasia o realtà?
Pochi mesi fa è morto l’architetto Franco Harrauer con cui tardivamente, solo nel 2011, avevo avuto la possibilità di entrare in contatto e stabilire con lui un buon rapporto di amicizia.
Quando stavo scrivendo il mio libro “Malta 2” mi era capitato, nel cercare del materiale illustrativo dell’azione di Malta, di vedere una stampa di Harrauer che meglio non poteva sintetizzare l’inizio dell’azione che poi porterà TeseoTesei alla morte.
Vedendo questa stampa ed altri articoli in cui tirava in ballo personaggi della X^ MAS, lo contattai per saperne di più su come li aveva conosciuti e scoprimmo così che negli anni settanta/ottanta avevamo percorso itinerari professionali paralleli e su questi avevamo proseguito negli anni successivi, quindi, proprio perché paralleli, ci saremmo incontrati solo in un punto lontano all’infinito, cioè mai.
Ma così non è andata e con la mia storia di Malta abbiamo finito per far sì che le due linee su cui eravamo a un certo punto perdessero la loro parallelità e s’incrociassero e questo mi ha permesso di conoscere un personaggio veramente come pochi sia sotto l’aspetto umano che professionale.
Tra i vari racconti di Harrauer pubblicati su AMB, “Sommergibile Nessie” è senza dubbio il mio favorito ed ho pensato, quindi, per ricordare l’amico che non è più tra noi, di raccontare delle cose inedite successe proprio quando eravamo su quelle famose linee parallele.
La storia del “Sommergibile Nessie”, un motoscafo in grado di navigare sia in superficie ad alta velocità che in immersione, è ambientata negli anni sessanta/settanta in piena guerra fredda. Nessie è un progetto segreto finalizzato ad operazioni speciali in Adriatico per la ricognizione del litorale dalmato. Su questo litorale si ipotizzano l’esistenza di basi segrete in caverna capaci di ospitare addirittura vedette lanciamissili russe classe Osa, quindi missioni d’infiltrazione subacquee su queste coste avrebbero potuto raccogliere quelle informazioni che la sola ricognizione aerea non era in grado di dare.
C’era da investigare se certe grotte costituivano l’ingresso o meno a queste basi segrete, le dimensioni delle imboccature lo facevano presupporre.
Si potrebbe pensare che si tratti di un racconto alla James Bond, ma così non è. Effettivamente quelle coste fino agli anni ottanta sono state oggetto di particolari attenzioni e sorveglianza perché la linea della cortina di ferro correva proprio nel bel mezzo dell’Adriatico.
Quindi, Harrauer, nel suo racconto, anche se introduce un mezzo subacqueo che all’epoca ancora non esisteva, non per questo si discostava molto dalla realtà. Evidentemente era a conoscenza sia dei mezzi all’epoca esistenti per l’incursione subacquea sia dei progetti di nuovi mezzi a cui si iniziava a lavorare; qualcuno stava proprio pensando a un Nessie. Chi lo stava pensando?
Questo qualcuno, Harrauer lo presenta nel suo racconto per gradi e ce lo fa conoscere mentre prepara una missione di guerra per la X^ MAS come pilota di semoventi subacquei tipo SSB (Siluro San Bartolomeo); ci descrive proprio quella che avrebbe dovuto essere l’ultima sua missione nell’Aprile del 1945, a guerra praticamente finita. Caso strano anche qui i mezzi, i due SSB salvati dallo sbando finale, sono ormeggiati in una caverna dell’isola Palmaria e da questa caverna il nostro personaggio sarebbe partito per attaccare una delle navi mercantili americane entrate nel vicino porto di La Spezia per scaricare materiali per le forze di occupazione.
L’operazione non si concluse perché fu fermata con gli operatori già in acqua da un messaggio telefonico in cui veniva comunicato che la guerra era finita.
Il personaggio in questione è il Tenente del Genio Navale Sergio Pucciarini, ingegnere navale e pilota di mezzi subacquei della X^ MAS, che nel 1954 fondò a Livorno la COSMOS, acronimo di Costruzione Motoscafi Sottomarini. L’ingegner Pucciarini diresse personalmente l’azienda fino al 1989 costruendo vari tipi di veicoli subacquei di derivazione SSB, tipo l’ ippocampo e i più famosi CE2F, nonché mini sottomarini fino a 120 tonnellate di dislocamento subacqueo.
I suoi prodotti sono stati venduti alle marine di tutto il mondo, tranne alla Marina Militare Italiana che fece altre scelte per motivazioni che più avanti verranno accennate. Una certa serie di veicoli subacquei, tipo l’ippocampo, ebbe un buon successo anche in campo civile. Nel 1989 cedette l’azienda a un gruppo d’imprenditori cileni che la condussero alla crisi culminata nel 2003 con il fallimento e successivamente con la chiusura definitiva.
Nella foto di seguito riportata, pubblicata dal giornale “Candido”, si vede l’Ippocampo nel porto di Genova nel 1954 pilotato dallo stesso Pucciarini e come secondo Roberto Serra, altro ex pilota di SLC della X^ MAS, diventato poi un illustre medico che ha condotto attività di ricerca in campo internazionale sulle malattie polmonari. Il professor Serra, oggi arzillo novantaquattrenne, due anni fa ha pubblicato un suo libro, “Orione 1943” – L’ultima Missione della X^ Flottiglia MAS, in cui rivive serenamente i momenti storici che hanno caratterizzato la sua vita, dal 1943 al 1945, come pilota di SLC (Siluro Lunga Corsa) della X^ MAS.
Minisommergibile COSMOS Classe 120. Anni 90. Sommergibile allestito in COSMOS per una marina straniera ma la cui vendita non si è mai concretizzata.
Quindi a incuriosirmi sul Nessie fu proprio il nome di Pucciarini, personaggio che, nei primi anni ottanta, ho avuto modo di conoscere e di frequentare per lo sviluppo di un progetto che prevedeva l’installazione e la sperimentazione su un suo mini sommergibile di un nuovo sistema di propulsione che ne avrebbe dovuto migliorare di gran lunga l’autonomia subacquea. La solita mancanza dei fondi e burocrazie varie non permisero di andare avanti nel progetto che rimase a livello di fattibilità. L’idea di un nuovo progetto lo entusiasmava e sono sicuro che se fosse andato in porto non avrebbe venduto la sua Ditta agli imprenditori cileni e finalmente avrebbe lavorato per la Marina Militare Italiana.
A incuriosirmi non fu solo il nome di Pucciarini ma tutti gli altri che Harrauer cita, sempre nel suo racconto, quando parla di una cerimonia organizzata nella primavera del 1971 dalla Marina Militare a Taranto; nella vecchia base di Mariassalto erano stati riuniti tutti gli operatori dei mezzi d’assalto della X^ MAS.
Si tratta di una cerimonia effettivamente avvenuta e tra questi c’era anche l’Ing. Guido Cattaneo che oltre ad essere stato un ufficiale della X^ MAS ed aver operato in mar Nero con la colonna Moccagatta, fu quello che nel dicembre 1939 come Ditta Cabi Cattaneo firmò un contratto con la Marina Militare per apportare sostanziali modifiche nella propulsione e nell’assetto del SLC N°8, uno degli undici SLC (Siluri Lunga Corsa) costruiti nelle officine di San Bartolomeo a La Spezia.
Queste modifiche diedero vita a quello che fu chiamato “Progetto Trespolo” da cui poi nacquero le nuove serie di SLC, serie 100 e 200 utilizzate nel periodo bellico. Inoltre, sempre in questo campo, l’Ing. Guido Cattaneo, nel 1943, collaborò per la messa a punto del prototipo del SSB, il successore del SLC, costruendo poi nella sua ditta di Milano il N°2 e Il N°3.
Si tratta proprio dei due SSB, il N°2 e 3, con cui Pucciarini avrebbe voluto compiere l’ultima missione nell’aprile del 1945. Nel 1939 la Marina Militare si era rivolta alla Cabi Cattaneo in quanto con questa Ditta aveva già stipulato contratti di natura riservata per la costruzioni dei famosi barchini esplosivi.
Ma tornando alla riunione, Harrauer cita un fatto veramente accaduto :
Non si trattò di una dedica formale ma sostanziale perché qualche tempo dopo l’ing. Cattaneo si recò al Varignano affinché questo modellino fosse conservato nella sede del Raggruppamento Subacqueo ed Incursori “Teseo Tesei” dove tutt’oggi è ancora conservato sotto teca ed esposto nell’ufficio dell’Ammiraglio Comandante.
Pucciarini e Cattaneo furono gli unici due, tra gli ex della X^ MAS, a non disperderne l’eredità tecnica proseguendo nelle attività di costruzione di veicoli subacquei. Tra i due, inoltre, c’è stato sempre il massimo della collaborazione anche perché tra loro esisteva, oltre che una profonda amicizia, un patto non scritto che li aveva portati a scegliere strade diverse. Questo avvenne nel 1948 quando entrambi furono interpellati nel massimo segreto dalla Marina Militare chiedendo se intendevano partecipare al recupero e messa in funzione di SSB residuati bellici. Come noto, il trattato di pace firmato a Parigi il 10 febbraio del 1947 prevedeva all’articolo 59 quanto segue:
quindi ogni attività con i mezzi tipo SSB era impedita.
Tuttavia, la Marina voleva a tutti i costi non disperdere questo tipo di patrimonio tecnico e pertanto aveva incaricato il Capitano di Vascello Notari, anche lui ex pilota di SLC, medaglia d’argento al valor militare, di recuperare i mezzi recuperabili per poter riorganizzare un minimo di attività addestrativa. La base segreta ove concentrare i mezzi e formare nuovi piloti fu individuata in quel di Bacoli, Napoli.
Questa base rimase attiva fino alla fine degli anni sessanta quando poi fu smantellata e tutto portato al Varignano, sede di Comsubin.
Bacoli. Anni 50
Il Pucciarini declinò l’invito della Marina mentre Cattaneo aderì. Pucciarini era proiettato già con le sue idee verso orizzonti commerciali con marine straniere e non voleva cordoni ombelicali che potessero essere un ostacolo commerciale. Questo è il motivo per cui è stato sempre lontano dalla Marina Militare Italiana e non gradiva molto quando, ogni tanto, qualcuno della Marina doveva fargli visita per doveri d’ufficio. La Cosmos, fino ai primi anni novanta, è stata anche una copertura per la Cabi Cattaneo perché si pensava, anche nelle marine straniere, che la Cosmos fornisse veicoli subacquei a Comsubin.
Solo da una decina d’anni la Cabi Cattaneo è ritornata visibile sia perché ha partecipato a campagne promozionali organizzate dalla Marina, sia perché è comparsa in pubblicazioni nazionali ed estere e soprattutto perché con la legge sulla trasparenza tutte le sue attività contrattuali con la Marina e non sono elencate nei documenti/ statini della camera e senato; non ultimo internet dove c’è più di qualche informazione sulle attività della Cabi Cattaneo nel settore militare.
Sulla riservatezza, così come concepita da noi, ci sarebbe da aprire un capitolo a parte. Circa i veicoli subacquei in dotazione agli U.S.A. NAVY SEALs su internet si trova di tutto, filmati compresi. La riservatezza la legano al tipo di missione, alle apparecchiature elettroniche con cui il mezzo è allestito, non certo alla semplice visione del mezzo, ai tipi di trasporto o alla ditta costruttrice. Non fanno segreto degli studi ed esperienze sull’acquisizione di nuovi veicoli subacquei, sui veicoli operativi che stanno usando, su come li trasportano a bordo dei sommergibili, sui sistemi di rilascio per la missione. Insomma, questi per loro non sono i segreti da custodire e da queste foto possiamo farci un’idea:
Nuova sella per un veicolo subacqueo da inserire verticalmente in un sommergibile classe Ohio. Il veicolo è il MK VIII, attualmente operativo
Allestimento del pozzo per ospitare la sella:
Noi non siamo certamente a questo livello, sicuramente avremo del buono, ma, senza svelare i segreti operativi, almeno i mezzi subacquei in dotazione andrebbero mostrati. Qualche foto di selle per trasporto di mezzi speciali subacquei su i nostri sommergibili e degli stessi mezzi è stata fatta, ma queste foto che girano su internet sono foto casuali.
Fatta questa digressione torniamo al nostro filo ricostruttivo per arrivare a Nessie.
Quindi, la Cabi Cattaneo dopo aver rimesso in piedi tra il 1948 e il 1950 cinque SSB di cui 4 ex Caproni e il N°3 della foto di cui sopra, iniziò nel 1952 a rifare prima degli SSB 4/5 esemplari che furono chiamati RSM (Ricerche Mine Subacque) e poi una nuova serie, sempre di 4 mezzi, RSM 2^ serie tipo C, poi identificato solo come mezzo tipo C. Ma questi mezzi, ancora solo elettrici, con autonomie limitate, non avevano più lo stesso significato operativo dei loro predecessori che inizialmente contavano sull’elemento sorpresa e potevano essere rilasciati dai sommergibili quasi a ridosso delle ostruzioni dei porti. Le tecnologie difensive avevano fatto notevoli progressi e questo non sarebbe stato più possibile, quantomeno il rilascio sarebbe dovuto avvenire a distanze superiori, almeno cinque miglia dall’obiettivo da attaccare. Altre difficoltà potevano essere rappresentate dai fondali dei mari quando non congeniali per un avvicinamento con sommergibile.
Nel 1955 a dare un impulso in questo settore fu l’allora Capitano di Vascello Gino Birindelli, medaglia d’ora al valor militare e pilota di SLC, che dal maggio del 1954 al maggio del 1956 comandò il “Raggruppamento Subacqueo ed Incursori Teseo Tesei. Molto amico dell’ing. Cattaneo, con lui giunse alla definizione di una nuova specifica per un nuovo mezzo che avrebbe dovuto trasportare un pilota e quattro operatori e soprattutto avrebbe dovuto navigare sia in superficie come un battello, che in immersione.
Si stava dunque tentando d’impostare un mezzo che avrebbe potuto avere capacità autonome di avvicinamento o se trasportato da un sommergibile, essere rilasciato a una distanza di sicurezza per il sommergibile stesso. A fine anni ’50 nasce già un prototipo di questo mezzo che raggiungerà la sua fase operativa a metà anni 60 e verrà chiamato BIR, proprio in onore di Birindelli. In un libro edito da Comsubin “Il Varignano e la Sua Sala Storica” e in altre pubblicazioni fatte in occasione del cinquantesimo anniversario della costituzione del “Raggruppamento” vengono inserite fotografie e schede tecniche dei mezzi subacquei utilizzati da Comsubin fino agli anni 70. Sempre in questo libro troviamo scritto:
Con il 71 si raggiunsero le massime prestazioni che si potevano richiedere a questa tipologia di trasportatori speciali
BIR 58. Sala Storica del Varignano
Scheda tecnica:
- Lunghezza m.6,450; Larghezza m.1,180; Altezza m. 1,250
- Velocità su motore termico 8 nodi Autonomia 70 miglia a 5,5 nodi
- Velocità su motore elettrico 5 nodi Autonomia 40 miglia a 3,5 nodi
La tipologia di questo mezzo, considerando i miglioramenti fatti sulle serie successive, sembrerebbe rispettare le caratteristiche per un suo impiego in Adriatico. Non siamo ancora al Nessie ma ci si sta avvicinando.
Dei BIR 61 e 71 non ci sono foto disponibili.
Dai BIR, cioè dagli anni ’70, l’occasione per saper qualcosa su i mezzi di Comsubin arriva il 15 Giugno del 2000 quando la Marina, nella fattispecie Comsubin, organizza una esibizione per il presidente Ciampi in visita a La Spezia.
Alla manifestazione erano stati invitate anche testate giornalistiche nonché televisive che all’ultimo momento, però, non furono portate a Comsubin. I più furbi capirono subito e autonomamente raggiunsero Le Grazie e si appostarono sul retro del Varignano.
Quello che successe me lo raccontò in una mail il giornalista Pierangelo Caitti che fece lo scoop sul giornale “Secolo XIX”:
—– Original Message —–
From: pierangelocaiti@…….
To: linomancini@……
Sent: Thursday, December 05, 2013 4:35 PM
Subject: R: Secolo XIX Articolo 15 maggio 2000
Gentilissimo signor Mancini,
quando ho scritto quel pezzo per Il Secolo XIX avevo alle spalle da 10 anni, 7 anni come vice caporedattore a “Rid”(dal 1985 al 1991) e precedenti collaborazioni a “Difesa Oggi”. I miei contatti con l’Udap datavano dai primi anni ’80 ed avevo garantito che non avrei mai scritto quanto in realtà conoscevo su quel mezzo di cui ero venuto a sapere per caso ad un salone nautico di Genova, abbinando una lista acquirenti di una importante casa italiana di idrogetti ad una azienda motoristica come la BPM che produceva motori a benzina per offshore.
Diffidato ufficialmente, anche se amichevolmente da un responsabile Udap, del resto vecchio amico, più noto come “rambo”, mai avevo scritto sul nuovo trasportatore subacqueo della Marina Militare (progetto e costruzione Cattaneo). Quando nel 2000 seguii la visita del presidente Ciampi a Comsubin per per la cronaca del Secolo XIX della Spezia, i giornalisti che seguivano la visita erano tutti in Comune quando il presidente si allontanò per dirigere a Comsubin. Avemmo tutti un invito formale a seguire il presidente all’imbarco che avveniva dal circolo nautico della MM, ma arrivati prontamente al pontile ci fu detto che saremmo partiti con un secondo motoscafo che non arrivò mai. Io allora, con il fotografo Claudio Pistelli del Secolo, raggiunsi Le Grazie alle spalle del seno del Varignano e dalla vecchia strada Napoleonica, sostando in una piazzola-balcone sul mare con la speranza di vedere qualcosa. Poco dopo giunse una troupe di Tls. Dopo una mezz’ora di attesa e quando stavamo per andarcene ecco apparire sotto la superficie dell’acqua nel piccolo specchio d’acqua visibile sotto costa un natante che lanciò uno spruzzo d’acqua a breve arco ma intenso e subito dopo affiorarono le prime testine munite di maschera. A quel punto gridai al fotografo di fotografare perché stavamo per assistere all’emersione di un mezzo di cui tanto avevamo sentito parlare, specie dai pescatori notturni che lo avevano intravisto. Lo stesso fece l’operatore di Tls. Era accaduto che il natante era riemerso pochi metri prima di dove avrebbe dovuto, cioè all’interno di un grande capannone verde aperto come una caverna sulla parte più interna del seno del Varignano. Poco dopo il mezzo, perfettamente emerso e come un motoscafo, ripassava davanti ai nostri occhi a forte velocità ma Pistelli riusciva a fermarlo nella foto pubblicata mentre abbiamo tenuto per noi le prime foto del mezzo in emersione. Poi ne è uscito il mio breve pezzo tecnico molto generico e “depistante”.
Con tutto ciò il Ministero Difesa ha subito smentito l’esistenza di quel trasportatore subacqueo e noi abbiamo scontato una lunga quarantena con Comsubin.
Attualmente altri successori di “Nessie” sono in servizio, sempre di natura riservata e di costruzione ovviamente italiana, la solita ditta, anche se ne parlano genericamente, un mezzo simile con capacità di trasporto di otto incursori del Goi è stato utilizzato anche un paio di mesi fa durante la visita a Comsubin del Ministro della Difesa Mauro.
Mi scuso se le ho rubato molto tempo ma forse oggi ero in vena di scrivere e non ho mai raccontato tutto questo a più di 3-4 amici.
Cordiali saluti
Pierangelo Caiti
—-Messaggio originale—-
Da: linomancini@….
Data: 05/12/2013 12.27
A: <pierangelocaiti@…
Cc: “VITALE, Giacomo”<giacomovita@….
Ogg: Secolo XIX Articolo 15 maggio 2000
Gentile sig. Caiti,
tramite l’editore di Alto Mare Blu, che ci legge in copia, mi è stato recapitato il suo articolo in oggetto che peraltro già conoscevo e che avevo dato a Giorgio Giorgerini, insieme ad altri documenti, per la stesura del libro “Attacco Dal Mare”; il suo articolo viene citato a pag. 385.
Se va sul sito www.altomareblu.com, dove compaio tra gli autori, trova un mio curriculum e da lì capirà tutto e così mi evita di farle la mia storia.
Nel 2000 il suo articolo, insieme ad una ripresa televisiva di teleliguria sud mandata in onda, creò del fastidio in certi ambienti Marina Militare di Roma che non avevano gradito l’iniziativa presa dall’ammiraglio… comandante di Comsubin, cioè quella di organizzare una dimostrazione per il presidente della repubblica mostrando un mezzo che costituiva il top della gamma nel settore dei mezzi da incursione; veniva violata per la prima volta una riservatezza portata avanti dal 1948.
Su questo tipo di riservatezza ci sarebbe molto da discutere…
Ma lo scopo di questa mia mail è solo per dirle, ormai sono passati tredici anni, che il mezzo è totalmente italiano, non inglese. Probabilmente, lei pensava che fosse inglese perché a Portsmouth negli anni ottanta fu presentato un gommone che aveva possibilità di navigare in immersione, progetto che comunque non ebbe successo. Ci sono state altre presentazioni in Inghilterra di fast delivery vehicle negli anni novanta e nei primi anni duemila, foto in allegato, ma non credo che lei si riferisse a questi perché di forma decisamente diversa.
Un cordiale saluto
Lino MANCINI
Siamo arrivati a un “Nessie”. Il progetto è dell’Ing .Guido Cattaneo e nasce nel 1972, quasi subito sospeso fu poi ripreso a fine anni 70. Tra il 1980 e 1985 partecipai allo sviluppo e messa a punto operativa di questo nuovo veicolo subacqueo e per questo m’incuriosiva capire a chi andava attribuita un’idea così geniale. Non potendo più parlare con l’Ing. Cattaneo, morto nel 1984, non mi rimaneva che contattare Harrauer . Di seguito alcune mail che mi hanno permesso di capire come andarono le cose:
From: linomancini@…………….
To: harrauerfranco@…………….
Subject: Nessie
Date: Thu, 16 May 2013 19:17:29
Omissis……
In tutti questi anni, non avendolo mai chiesto né a Guido Cattaneo né a Pucciarini, mi sono sempre domandato se l’idea del motoscafo sommergibile è nata da Cattaneo o da Pucciarini.
Come tu sai, tra Cattaneo e Pucciarini c’erano ottimi rapporti che la Cabi ha continuato a mantenere anche dopo la morte dell’Ing. Cattaneo.
Avendo tu conosciuto e collaborato con entrambi, proprio negli anni in cui anche tu, su richiesta di Pucciarini, avevi in mente un progetto simile, credo che tu sia l’unica persona che possa sapere come andarono le cose. Dal tuo racconto su Nessie, propenderei per attribuire l’idea a Pucciarini, che poi abbandonò perché forse ritenne che il progetto era troppo ambizioso e tecnicamente non supportabile per il suo tipo di mercato, per poi essere ripreso dal Cattaneo. Credo, quindi, che solo tu possa darmi una risposta in proposito e arricchire con altri particolari quella che fu la tua collaborazione sia con Pucciarini che con Cattaneo”
.Original Message —–
From: Franco Harrauer
To: linomancini@…
Sent: Saturday, May 18, 2013 5:12 PM
Subject: “nessie ”
Carissimo Lino
Il mio rapprto progettuale con la COSMOS ha orgine dal mio lavoro presso la SAI (SOC. Aereonautica Italian) Ing AMbrosini a Passignano sul Trasimeno, che conobbi nel 1950 quando con un paio di amici firmai un pacco di cambiali per entrare in possese di un aereo da turismo.
Dal 1967 in poi progettai numerose imbarcazioni in lega leggera per la SAI tra le quali dei catamarani per il Genio Pontieri e imbarcazioni appoggio per i paracadutisti con una camera iperbarica .
La SAI costruiva parti per OTO MELARA, Selenia e M.M., tutto materiale classificato. Ottenni cosi la qualifica NOS.
Il maggiore MIGLIORANZA (paracadutisti) che collaborava in SAI per le imbarcazioni d’appoggio, mi accennò a una ditta di Livorno, della quale era consulente, ditta che era interessata alla progettazione di mezzi veloci.
Conobbi così, dopo una interminabile e comica trafila di colloqui che avevano l’aria di interrogatori della CIA, Sergio PUCCIARINI che mi espose uno dei suoi problemi, un mezzo subacqueo per sei operatori capace di velocità (in superficie) superiore ai 30 Kn, il tutto con delle caratteristiche di STEALT, autonomia, silenziosità, quote e rapidità di immersione ecc.. da far rizzare i capelli a Mandrake.
Considerato che Pucciarini era un nostalgico ma simpatico pazzoide (come me e Levi ), sfoderai la nostra micidiale battuta “INVERTENDO L’ORDINE DEI FATTORI IL PRODOTTO CAMBIA!! “Quindi e molto più facile far andare sott’acqua un motoscafo offshore anziché far correre in superficie un sommergibile a trenta nodi”.
Iniziammo così uno studio preliminare per un avvicinatore mosso da due motori BPM da 500 CV azionanti eliche semisommerse di superficie, motori a benzina quindi con enormi problemi di ventilazione, sistemati in un contenitore stagno (munito di “valvoloni” per aspirazione e scarico silenziato ed un elettromotore (100 Kw) in bagno d”olio + contenitore per batterie in gas neutro..L’elica subacquea era una pentapala di forte diametro intubata.
Un mostruoso motoscafo con operatori muniti di autorespiratori collettivi ed autonomi che chiamammo ”Nessie” (idea di Renato che è scozzese). In realtà un Wet submarine in lega leggera che all’inizio della planata (aspirazione in snorkel) riusciva a scaricare dinamicamente tutta l’acqua del suo volume. Il mantenimento della quota di immersione, oltre all’effetto idrodinamico delle superfici orizzontali era affidato a casse di assetto e di ‘rapida’ asservite a pompe e immissione di aria in bombole.
Arrivammo alla definizione del progetto preliminare ma non si arrivo’ all’esecutivo o alla sperimentazione dei sistemi che sarebbero stati compito della SAI , probabilmente perchè’ il committente aveva perso l’interesse ad andare a guardare entro i rifugi in caverna della costa della Dalmazia.
Ogni esperienza progettuale (che si realizzi o non) è una straordinaria fonte di conoscenza e di rapporti umani anche se questi uomini avessero militato in opposte barricate. Ho avuto la fortuna ed il privilegio, in questa occasione, di lavorare con De la Penne, che infiorava le sue disquisizioni tecniche con sonori “b#l#n”. Con Roberto Frassetto (M.O. Malta) con Athos Fraternale , con l’Ing. Cattaneo e con lo stesso Pucciarini che mi raccontò dei suoi SSB nascosti in una caverna della Palmaria.
E’ probabile che possa recuperare qualche disegno di ” Nessie ‘, che sarà mia cura inviarti.
Per adesso un abbraccio
Franco
From: Franco Harrauer
To: linomancini@…
Sent: Saturday, May 22, 2013 3:15 PM
Subject: “nessie ”
Ho ritrovato una copia dello studio preliminare (1982) dell’avvicinatore veloce COSMOS.
Una riduzione digitale e’ quasi impossibile e risulterebbe illeggibile; Quindi, se mi invii il tuo indirizzo postale, ti invio l’originale che ti prego di conservare e di farne buon uso.
Troverai anche una copia di una lettera di Pucciarini datata 1972, quando se ne iniziò a parlare; e Cattaneo, su suggerimento di Levi, prese in considerazione una carena tipo DELTA per un mezzo molto veloce;
Lo studio idrodinamico della carena è quello del “DART” LOA mt 12.oo di Levi (1970) con diedro di 25° al transom, E’ mio lo studio idrostatico lo strutturale e l’impiantistica > con la collaborazione di Roberto Frassetto per la propulsione elettrica (motore in bagno d’olio) e di Miglioranza. Credo che i dati riportati nel disegno siano sufficienti per delineare il mezzo.
Dell’’origine del progetto te ne parlai nella mia precedente mail, la fine della sua realizzazione, dopo il disinteresse di Pucciarini, termina con le esperienze fatte a Passignao sul Trasimeno (SAI Ambrosini) relative alla “respirazione” del motore Isotta FRaschini ID 38 SS, anche con i buoni consigli dell’ing. Cattaneo (BIR 58!) e alla struttura in Lega Leggera. Da questo punto in poi, la realtà si fonde con la limitata curiosità professionale di un ulteriore sviluppo e reale impiego operativo.
In attesa delle tue osservazioni un abbraccio
Franco H.
Original Message —–
From: Franco Harrauer
To: Lino MANCINI
Sent: Tuesday, May 28, 2013 10:10 PM
Subject: RE: Nessie
Carissimo Lino,
la tua curiosità di sapere come effettivamente andarono le cose e la discordanza nelle date ha una sola spiegazione; Lavoravamo tutti da ISOLATI e le confidenze, i suggerimenti ed i silenzi erano la regola. Sapevamo tutti che custodivamo i segreti di Pulcinella e ciò é ancora oggi il vero segreto. Cattaneo era interessato alle eliche di superficie semisommerse che Levi ed io stavamo sperimentando.
Probabilmente c’è stata una inutile dispersione di idee e progetti che per logica suggestione si sono fusi ed integrati con perdite di tempo e richieste di inutili modifiche. Nessie ha impiegato più di undici anni per arrivare ad una fase di probabile utilizzazione.
Malignamente spiacente di averti messo quest’altra “pulce nell’orecchio”.
Un abbraccio,
Franco
PS Stamane e partito per posta il disegno preliminare dello studio NESSIE.
From: lino.mancini@…..
To: harrauerfranco@….
Subject: Nessie
Date: Thu, 30 May 2013 15:20
Carissimo Franco,
avendo conosciuto i personaggi, capisco benissimo quello che mi racconti e ne prendo atto. Concordo con te che sicuramente c’è stata una dispersione di forze che, se unite, avrebbero potuto portare alla realizzazione di progetti meravigliosi. Mi ricordo sempre che all’Ing. Cattaneo piaceva l’ideazione ma la realizzazione dell’idea andava sempre per le lunghe perché era sempre alla ricerca di una perfezione talvolta inutile. Il più bello avveniva quando bisognava consegnare un prototipo al committente, c’era sempre qualcosa da modificare perché consegnare il mezzo significava privarlo del giocattolo. Questo metteva fortemente in crisi la struttura aziendale che necessitava di fatturato per vivere.
Grazie ancora di tutto e spero che ti farai vivo con altre novità. Ti farò sapere non appena riceverò il disegno del Nessie
Un carissimo saluto
Lino
From: linomancini@…..
To: harrauerfranco@….
Subject: Sommergibile biposto
Date: Wed, 5 June 2013 10:40
Carissimo Franco,
oggi mi è arrivata la tua busta contenente lo schema generale del Nessie e la lettera di Pucciarini.
Il tuo studio è veramente concepito bene ed è un peccato che non sia stato possibile arrivare alla costruzione di un prototipo. Il progetto ha linee interessanti che così come disegnate sono per un Fast SDV ma che se arrotondate ed accorciato, eliminando il termico, diventa un sig. SDV. Ti dico questo perché mi ricorda tanto l’ultimo progetto a cui ho lavorato anche se lo scafo aveva profili idrodinamici che si rifacevano a quelli dello studio del sommergibile Albacore (U.S.N.), studio sempre valido per le basse resistenze idrodinamiche subacquee; non per niente questo studio è stato determinante per le successive classi di smg nucleari della U.S.N .
Sicuramente il tuo studio, se sviluppato in sede CABI, avrebbe bruciato le tappe. Ma, come tu mi hai detto, purtroppo, ai tempi, ognuno andava per conto suo magari ripercorrendo strade già percorse.
Dalla preziosa lettera di Pucciarini, dalla data in calce 1972, deduco che l’idea a Pucciarini di costruire un F.S.D.V. è venuta dopo essere venuto a conoscenza che il suo amico Guido Cattaneo stava procedendo in questa direzione per la Marina. Probabilmente, pensava a qualcosa da commercializzare che, nel settore, si differenziasse dai suoi ormai obsoleti ma sempre validi chariots.
Conserverò il tuo studio “Nessie” come una sacra reliquia.
Un carissimo saluto e spero di risentirti.
Lino
Ecco La copia cartacea del progetto di massima del Nessie che ho ricevuto da Harrauer:
Di Nessie tra gli anni novanta e la fine della prima decade degli anni 2000 ne sono venuti fuori più d’uno. Di seguito un “Nessie” della Vogo Engineering, ditta sud coreana che nel passato ha assorbito tecnologia Cosmos.
Vogo Engineering . SDV (Swimmer Delivery Vehicle) 1000W
Conclusione
Alla fine di questa mia ricerca in cui ho scoperto che l’ing. Cattaneo era stato, come sempre in questo campo, il geniale precursore, non potei però non ricordare la frase che mi aveva scritto Harrauer:
Bibliografia:
- Foto BIR58 dal libro “Il Varignano e la Sua Sala Storica
- Foto 2 SSB anno 1945 da archivio Caproni
- Foto SSB N°3 da “Dossier Storia Militare” I Mezzi d’Assalto Italiani 1940-1945
- Foto Sommergibili U.S.N. e SDV 100W da web
- Foto Targa Ing. Guido Cattaneo da “Profilo di una metamorfosi” 1952 – 1992
- Foto Cosmos, Foto Bacoli, Disegni, Articolo Secolo XIX, da documentazione personale
O falso pao de aqucar di Franco Harrauer (prima puntata)
O falso pao de aqucar di Franco Harrauer (prima puntata)
Franco Harrauer ha pubblicato su AltoMareBlu tanti articoli come progettista navale, vignettista ed artista speciale, raccontando storie di mare ed aneddoti romanzati della prima e seconda guerra mondiale che hanno appassionato i suoi attenti lettori.
Vi presentiamo il suo ultimo inedito lavoro, “O falso Paso de Aqucar” che stava elaborando con gli ultimi ritocchi insieme a Giacomo Vitale, quando improvvisamente è venuto a mancare…
Ciao Franco!!
BRASILE – 1938 – 1943
- Il Brasile è un paese benedetto da Dio che nel suo gesto non si è dimenticato dei suoi abitanti
- Dire che il Brasile sia un paese affascinante è come usare una parola impropria.
- Il Brasile, quando lo conosci, ti possiede con una forza irresistibile fatta di colori, suoni, usanze, baie, mare, umanità, gente semplice, allegra e musica che senti anche quando gli strumenti tacciono. Baie che all’alba si indorano, di giorno splendono e la notte si illuminano della luce dei suoi abitanti.
- Il Brasile ti pervade di un sentimento che i brasiliani chiamano “saudade”, una specie di rimpianto, una melanconia che ti prende in maniera perfida e dolce insieme. Quando sei stato a lungo in Brasile e poi te ne allontani, in qualsiasi parte del mondo ti trovi sei preso da una specie di “mal d’Africa”…
- Brasile: ricco di gente allegra piena di “humor” quasi inglese, ma con una forte venatura mediterranea
- E’ brasiliana e non può essere che brasiliana la “piada”, la storiellina del bombeiro José Manuel De Souza che “estregou uma caixa de fosphoros, para ver si no tancke do carro tinha gasolina: Tinha!!”
- Si riferisce alla lapide posta sulla tomba di un pompiere portoghese (ai brasiliani piace prendere per i fondelli i cugini portoghesi) sulla quale è scritto: “Qui giace José Manuel De Souza, pompiere che sprecò una scatola di fiammiferi per vedere se nel serbatoio dell’auto ci fosse benzina… C’era!!”
Questa storia, basata su avvenimenti immaginari o veramente accaduti, oppure realmente pianificati e non attuati, si svolge in buona parte in Brasile nell’arco di sei anni. I mezzi aerei e navali descritti sono stati realmente operativi e facevano parte della flotta italiana, così come gli aerei civili e militari.
I personaggi sono in parte immaginari.
Franco Harrauer
1939 REGIA NAVE SCUOLA “CRISTOFORO COLOMBO” – COSTA BRASILIANA A NORD DI RIO
La “coffa” è uno dei rifugi segreti, conosciuti ormai da generazioni di allievi, ma comunque sempre e romanticamente segreto; un posto ove si può schiacciare un pisolino fuori ordinanza pur rimanendo in servizio.
La coffa è una minuscola piattaforma a trenta metri dal ponte di dove termina l’albero di gabbia con la “testa di moro” ed inizia l’alberetto di maestra.
Alberi del rispettabile diametro di circa trenta centimetri, che per un paio di metri corrono paralleli contornati dalla piccola piattaforma. Un posto riservato alle vedette di guardia per l’ampio orizzonte che domina ed al quale si accede dopo una interminabile scalata sulle griselle delle sartie di maestra e di gabbia.
Alla coffa si arriva attraverso un comodo passaggio chiamato “buco del gatto”, ma a memoria d’uomo, anzi di marinaio, è un punto d’onore non passare per quel pertugio, ma arrivarvi dall’esterno arrampicandosi alle rigge, con una manovra acrobatica a strapiombo, è identico ad una mosca che cammina sotto un soffitto.
La foto pubblicata fa riferimento a quanto descritto nel racconto e tratta da un album di foto di Teseo Tesei.
Di seguito la descrizione dell’evento documentato dalla foto è descritta nelle pagine tratte dal libro “TESEO TESI e gli Assaltatori della Regia Marina” di Gianni Bianchi. L’autore Gianni Bianchi ha ripreso questa notizia da un memoriale su Teseo Tesei di Elios TOSCHI.
Le notizie di questo libro su Teseo Tesei sono state fornite dal Comandante Lino Mancini ed autore di AMB, che aveva fatto delle ricerche storiche in merito e quindi ha pubblicato una ricostruzione storica straordinaria del tragico evento di guerra intitolato Malta 2
Fin da piccolo Teseo da il segno che oltre il progettista sarà l’anima ed il condottiero delle nuova arma, l’indiscusso capo spirituale di quanti saranno chiamati all’azione. Un episodio di quegli anni fa capire che “corpo” e “spirito” stanno crescendo di pari passo nel giovane Tesei.
Un giorno d’inverno il solito gruppetto di allievi è seduto sul muretto del lungomare, un forte vento di libeccio diffonde tutt’intorno il fischio dell’attrezzatura del brigantino, a grandezza naturale, murato nel cortile dell’Accademia.
Gli allievi tengono il bavero alzato per proteggersi dalle folate di vento gelido.
Vedete l’albero di trinchetto?
chiese Tesei,
Secondo voi quanto sarà alto?
Più di 20 metri
risponde Stefanini.
Dopo una discussione, la misura rimane dubbiosa, di certo superiore ad un palazzo di cinque piani.
Credete sia possibile ad un uomo restare, dritto in piedi, sulla formaggetta lassù in testa d’albero a braccia aperte e con un libeccio come questo?
Se uno vuole suicidarsi quello è il metodo più sicuro, la formaggetta ha un diametro di poco superiore a trenta centimetri ed il vento spira da tempesta
risponde arguto Franzini.
Niente affatto, io vi farò vedere che si può e la paura, volendo, si vince anche se non è necessario.
Toltosi il mantello Teseo lascia gli increduli compagni e si dirige verso il brigantino, con lo stesso passo di chi deve compiere una semplice passeggiata, poi, afferrata una sartia, vi si arrampica veloce come un gatto. Il forte vento lo fa oscillare paurosamente eppure ogni tanto, fermatosi per riprendere fiato, con una mano molla la presa e saluta spavaldo i compagni.
Ad arrivare fin in coffa ha già fatto una pazzia, ma ora però dovrà per forza tornare giù, l’albero non ha appigli.
osserva Toschi con gli occhi di fuori.
Per nulla intimorito dalla pertica liscia e scivolosa per la salsedine, Teseo vi si avvinghia e con forza delle braccia e delle gambe riprende a salire.
Il pezzo finale sembra più difficoltoso, la formaggetta sporgendo sensibilmente ostacola l’ultimo balzo. Senza perdere un attimo, mosso da una furia interiore pari solo al suo vigore, il giovane elbano afferra la tavoletta e issato il ventre vi si sdraia con le gambe penzoloni nel vuoto, un colpo di reni ed ecco fatto ciò che sembrava impossibile.
Con quel vento urlante ci sarebbe da afferrarsi alla testa d’albero e apprestarsi a ridiscendere con cautela, la scommessa è vinta, ma Teseo deve dare il tocco finale a tanto ardimento. In piedi, senza alcun appiglio, spalanca le braccia e, come il più provetto degli equilibristi da circo, se ne sta ritto insensibile a tutto. La sua fredda volontà ha vinto e con essa lo spirito, contro ogni meschinità e debolezza umana.
Questo accade nel 1927, la torpedine rimarrà, come la quasi totalità degli impulsi giovanili, il sogno inespresso di un ragazzo, destinato a essere dimenticato con il passare degli anni?
Una delle contraddizioni della Marina, come quella che in Accademia si raccontava di un allievo, un certo Teseo Tesei, che era riuscito ad issarsi in piedi sul punto più alto dell’alberatura, sulla formaggetta dell’albero di maestra del brigantino interrato dell’Accademia e vi era rimasto a braccia aperte come un gabbiano immobile, ma teso nel maestrale. Una sfida a se stesso che quell’allievo, sotto le ostruzioni retali del porto di La Valletta, ripeterà nel 1941 facendosi esplodere con il suo mezzo d’assalto subacqueo, per aprire un varco ai suoi compagni della Xa MAS.
Ma fu dal “buco del gatto” che, quella mattina di aprile dell’anno 1938 si affacciò la testa dell’allievo Giuseppe Carlini.
Sveglia Francesco, siamo in vista di Rio!
disse il giovane aspirante con l’ultimo fiato che gli rimaneva in gola dopo la veloce arrampicata. Francesco Attanasio, allievo guardiamarina al III corso ufficiali della Regia Marina, afflitto da una crisi di sonno che durava da quando nel 1936 era entrato all’Accademia Navale di Livorno, cercò di sollevare le palpebre ed alzare il capo reclinato sulle ginocchia.
Dai Francesco sveglia, sono venuto a rilevarti! Non vedi che a prua abbiamo il Pan di zucchero? Dai, fai vedere che sei sveglio e telefona giù in plancia.
Il sole non era ancora sorto, ma alle prime luci dell’alba, verso prua si intravedeva la caratteristica sagoma del “Pao” che emergeva dalle brume del mattino celando la costa brasiliana intuibile dagli sfumati profili delle cordigliere.
Francesco si alzò dal graticcio con le ossa rotte, sbadigliando e stirandosi. Ancora con gli occhi chiusi aprì il portello alla base dell’albero metallico e ne estrasse una cornetta telefonica.
Da coffa a plancia; Ore 06.00, alla varea di diritta del pennone di velaccino vedo il Pan di Zucchero
Signor Attanasio, quello che Lei ha avvistato e che con prosa nelsoniana ha segnalato, non è il Pan di Zucchero, bensì il “falso Pao”. Siamo ancora a trenta miglia dall’imboccatura della baia di Rio! Ben alzato! Passi le consegne e scenda da basso per mettersi a rapporto
..risuonò ironica la voce del Tenente di Vascello Baroni, proveniente da trenta metri più in basso.
Attanasio è un nome di chiara origine greca, anche se in famiglia si mormorava di un possibile inquinamento di sangue partenopeo o meglio, sorrentino. In greco “Attanasio” significa “immortale” e sentendosi tale, Francesco non disdegnava, anzi preferiva tutte le attività e gli sport che comportavano un certo rischio. Nato in una Genova “borghese”, il padre spedizioniere di caffè e droghe, con uno “scagno” quasi fatto su misura per la sua minuta statura; la madre, alta e maestosa, di buona famiglia bolognese.
Francesco era cresciuto seguendo i cromosomi materni per il fisico alto e ben piazzato, con una muscolatura ben distribuita ed aveva ereditato anche quelli paterni per il carattere un po’ chiuso e rigoroso nei doveri.
Strappata per il capelli la licenza liceale al “Doria”, era entrato più per le prospettive sportive che per senso del dovere verso la Patria, nell’Accademia Navale di Livorno.
Francesco era “attaccante” nella squadra di pallanuoto di Sturla e su una piccola barca a vela, una “Lupa”, una specie di “Finn” ante litteram, veleggiava nel Tigullio. La Lupa era un regalo che il padre, notoriamente incredulo e scettico nei riguardi degli eventi sopranaturali, gli aveva regalato in occasione della sua unica promozione a luglio; evento considerato “miracoloso” in famiglia.
Francesco non era certo uno “sgobbone” e la sua media in Accademia era riequilibrata solo dalle sue eccellenti qualità sportive nel nuoto, nelle attività marinaresche o nello studio di materie strettamente legate alla sua futura professione.Era diventato abilissimo nel mimetizzare il suo perenne bisogno di riposo e sonno con stratagemmi che si adattavano a qualsiasi attività scolastica. Nelle ore di studio dormiva con la testa china sui libri, sostenuta dalle mani e dai gomiti puntati sul tavolo. Atteggiamento di grande concentrazione che veniva spesso turbato dal lento e progressivo scivolare dei gomiti, che si concludeva con una sonora testata sulla superficie del tavolo.
La “Cristoforo Colombo” apriva un solco spumoso nelle acque speculari ed azzurre dell’Atlantico, immergendo la briglia di catena del bompresso con il lento movimento che seguiva il ritmo delle lunghissime onde. L’acqua oleosa scivolava lungo i fianchi listati in bianco e nero della nave e si richiudeva in una scia lattiginosa che si perdeva dritta verso l’ormai lontano Cabo Frio. Nella calma apparente della brezza che soffiava da poppa in fil di ruota, il fumo di scarico del motore Diesel sbuffava tranquillo e saliva verticalmente tra gli alberi ed i pennoni sguarniti di vele, mescolandosi al gradito profumo del fumaiolo delle cucine; profumo di caffè e di pane fresco che sovrastava a tratti l’odore della nafta combusta.
Durante tutta la notte la Colombo aveva navigato a motore lungo la costa verso Ovest a secco di vele, in attesa della brezza di mare che le avrebbe permesso di entrare in mattinata a vele spiegate nella bai di Rio. Francesco si volse a poppa e vide il sole che spuntava come una palla infuocata dall’incerto orizzonte.
Vado giù a farmi una doccia, porca miseria fa già un caldo dannato, a casa è primavera e qui è autunno, ma fa sempre caldo. Quando avvisti il vero Pan di Zucchero fischia.. Per me questi cocuzzoli di pietra sono tutti uguali…
disse a denti stretti all’amico Carlini, che si era già diligentemente messo ad esplorare l’orizzonte.
Si afferrò alle bigotte delle sartie superiori e dondolando con le gambe nel vuoto, le serrò sulle rigge metalliche lasciandosi poi calare fino a sentire sotto i piedi le griselle delle sartie del fusto maggiore di maestra.
Tre ore più tardi la grande nave scuola della Regia Marina Italiana era a tre miglia dall’imboccatura della baia di Rio, quasi ferma.
Francesco era stato comandato gabbiere al controvelaccio di maestra, alla varea di dritta del pennone il più alto e sporgente dell’alberatura. Lo scafo ora riceveva al giardinetto le lunghissime onde oceaniche che, se a livello del ponte causavano un trascurabile effetto di beccheggio e rollio, a cinquanta metri d’altezza, sui pennoni più alti, produceva delle ampie oscillazioni che costringevano i gabbieri a non mollare per un istante le prese alle quali erano
spasmodicamente attaccati: “una mano per il Re ed una per te!
I pennoni erano stati bracciati al traverso e Francesco con i piedi sul “corridoio”, un sottile cavo tesato sotto il pennone teneva stretti i mataffioni che trattenevano la grande vela quadra, pronto al fischio nel nostromo.
L’unica consolazione era che se fosse caduto da quell’altezza, sarebbe finito in mare anziché sul ponte ed era uno dei vantaggi di lavorare alla varea, disse Francesco rivolto al suo compagno che ad occhi chiusi e pallido mormorava qualche cosa tra l’imprecazione e la preghiera:
Porca puttana! Ma perché ci insegnano a fare gli acrobati da circo, quando poi ci mandano a morire in un sottomarino che, oltretutto con le vele non ha niente a che spartire!
fu la conclusione liberatoria quando, udito il fischio del nostromo, tutti gli allievi fecero cadere quattordici grandi vele quadre ed issarono tre fiocchi, quattro vele di strallo ed una randa quasi contemporaneamente. Il rumore della tela che si spiegava fu come un rombo di un tuono al quale fece seguito i colpi cadenzati dei due cannoncini da 16/40 che a prua scandivano le salve d’onore.
I duemila metri quadrati di tela fecero presa al vento che soffiava da Sud verso l’imboccatura della baia, tra il “Pan di zucchero” ed il “forte di Ponta de Imbuì” e la “Cristoforo Colombo li prese velocità.
Francesco ammirava estasiato il grandioso spettacolo ed appena superata la stretta imboccatura, apparvero nella baia di Botafogo le due corazzate brasiliane “S.Paulo” e Il “Minas Gerais”, ancorate con il gran pavese a riva che rispondevano con altre salve d’onore.
Una enorme folla era sulle rive della baia ad ammirare ed applaudire la bella nave italiana che a vele spiegate procedeva lentamente, seguita da un codazzo di piccole imbarcazioni gremite di gente festante. Un nuovo ordine venne dal basso seguito da un modulare del fischietto del nostromo.
Serrare ed ammainare
Era una manovra che Francesco odiava. Cominciò ad afferrare e trarre a se la grossa tela della vela spellandosi e graffiandosi le dita, finché aiutato dagli imbrogli che venivano tesati dal ponte, il controvelaccio non fu ridotto ad una grande salsiccia raccolta e domata sotto il pennone. Terminata la manovra Francesco udì il comando: “fondo”. Il tonfo della grande ancora che cadeva a mare dal trave di capone fu seguito dal cupo sferragliare della catena e poi dal lento e maestoso virare della nave che metteva la prua al vento e si fermava nell’ansa del Botafogo, accanto alle unità brasiliane a meno di mezzo miglio dall’accademia navale della Marina Brasiliana.
I giovani marinai sudamericani schierati sul piazzale resero il saluto alla voce quando sulla Colombo, ormai ferma, fu issato il gran pavese.
Nell’estate del 1939 per le crociere dell’Accademia Navale erano state destinate le navi scuola “Amerigo Vespucci” e “Cristoforo Colombo”, rispettivamente al Nord e Sud America; erano navi gemelle, quasi identiche che avrebbero dovuto portare il saluto della Madre Patria alle numerose colonie di italiani che risiedevano e lavoravano negli Stati Uniti e Brasile.
I “Sacri legami con la Madre Patria” facevano parte della retorica politica molto sentita dal Regime Fascista. Linee marittime commerciali erano attive sia verso il Nord che il Sud America. Linee inizialmente dettate dalla necessità di sfruttare un flusso di emigranti sempre molto significativo, sin dagli anni dell’Unità d’Italia. Ma non erano più “vecchie carrette” cariche di una speranzosa umanità, ma modernissime e lussuose unità che suscitavano l’invidia del mondo intero.
Nel 1933 il gigantesco Rex di 51.000 tonnellate, sulla rotta Genova – New York, aveva battuto il primato di velocità alla media di 29,50 nodi aggiudicandosi il il nastro azzurro.
Era il tempo del prestigio per la nuova Italia: Imprese audaci, voli da primato per gli uomini e le macchine italiane: il raid di De Pinedo con un idrovolante Savoia Marchetti S.55, nel Sud e Nord America con la doppia traversata atlantica contemporanea all’impresa di Lindbergh nel 1927. Il volo senza scalo da Guidonia alle coste brasiliane di Ferrarin e Del Prete. Imprese che avevano fatto rialzare il capo ai poveri emigrati italiani.
I carioca ricordavano ancora l’arrivo della crociere aeree di Italo Balbo, quando undici idrovolanti erano ammarati contemporaneamente e nella baia di Rio provenienti dall’Italia. Era recentissimo il volo dei tre trimotori “SM79″, i sorci verdi, che con un volo di poche ore avevano collegato Roma a Rio. Uno dei velivoli era pilotato da Bruno, il figlio del Duce.
Proprio in concomitanza con l’arrivo della” Cristoforo Colombo, avveniva l’inaugurazione della linea aerea della LATI (Linee Aeree Atlantiche Italiane), che con trimotori “SM82” trasportavano trisettimanalmente, posta e passeggeri da Roma, con scali a Siviglia, Isola del Sale, Pernambuco, sino a Rio de Janeiro.
Gli allievi imbarcati sulla nave scuola si erano recati al nuovo aeroporto sull’Isola del Governador per la cerimonia dell’arrivo del primo aereo che in perfetto orario si era posato regolarmente sulla pista dopo un volo di sei ore da Pernambuco. Il grosso trimotore immatricolato “I-BAIA” si portò rullando sulla piazzola antistante la nuova aerostazione e spenti i motori, l’equipaggio ed alcuni passeggeri ne scesero mentre il personale a terra provvedeva allo scarico della posta. Sotto un sole implacabile i piloti ed i passeggeri furono accolti dagli allievi schierati con il gagliardetto del corso, dalle autorità brasiliane, da una piccola folla e da una banda musicale più avvezza a suonare ritmi Sud Americani anziché gli “inni nazionali”.
Dopo la breve cerimonia, durante un piccolo rinfresco all’interno dell’aerostazione, Francesco ebbe il piacere di conoscere il primo pilota dell’aereo, il Comandante Orfeo Negri e scoprire con sorpresa che era un suo non lontano parente. Il legame di parentela era dato proprio da quel famoso zio Amerigo, emigrato parecchi anni prima in Brasile da Bologna e che aveva creato una florida azienda agricola presso Angra dos Reis a Sud di Rio e che la mamma di Francesco si era raccomandata di andare a trovare, approfittando della crociera in Brasile.
Certo, ora Francesco ricordava le raccomandazioni della mamma durante l’ultima licenza a casa e vagamente lo zio Amerigo, quando era partito da Genova. Un ricordo sfumato dagli anni e dalla sua giovane età, quando alla Stazione Marittima di “Ponte dei Mille” era rimasto più impressionato ed interessato dalla gigantesca mole del “Conte Grande”, in partenza per il Brasile, che dall’addio alla zia Lucia e zio Amerigo. Ma frugando nella mente, mentre sudava nella divisa di gala con lo spadino che gli batteva sulle gambe ed un bicchiere di guaranà in mano, ora ricordava che un cugino di mamma faceva il pilota nelle linee dell’Ala Littoria. Non l’aveva mai conosciuto, ma adesso proprio quel pilota, nella piccola calda sfollata saletta dell’aerostazione dell’aeroporto di Rio, gli stava proponendo con la sua prorompente giovialità di andare ad Angra a trovare lo zio Amerigo.
Orfeo Negri, bolognese puro sangue, era entrato giovanissimo in Aeronautica, da civile e come tale vi era rimasto. Tarchiato e massiccio, sanguigno nell’aspetto e nel carattere, aveva un notevole naso del quale si vantava attribuendo ad esso, con orgoglio tutto emiliano, un valore di confronto e paragone con un suo altro organo. Oltre che ad una sua proprietà magnetica che a suo dire, spesso durante le lunghe navigazioni aeree, gli aveva indicato tra le nuvole la via dell’aeroporto di destinazione.
Entrato come meccanico all’Alta Romeo aveva preso il brevetto di volo presso la RUNA di Taliedo a Milano ed era poi passato all’Ala littoria, prima come motorista di bordo ed infine come pilota, partecipando a raids come la “Istres – Damasco – Parigi” con velivoli della Regia Aeronautica e prestando servizio sulle linee europee ed Africane, di collegamento con l’Africa Orientale Italiana. Infine, era stato prescelto come primo pilota per le nuove linee transoceaniche della LATI nei collegamenti con il Brasile.
Senti Francesco, non ti preoccupare, penso io a chiedere per te il permesso per andare ad Angra, conosco il tuo Comandante.
Negli anni trenta la città di Rio de Janeiro, verso Ovest, finiva ad Ipanema, anzi a Leblon, quartieri di basse e rade villette distribuite con i loro giardini tra la Lagoa e la lunga spiaggia che terminava contro le grandi rocce nere, dominate dalle imponenti “pedras dos dois hermanos”. Le lucide rotaie di uno sferragliante piccolo tram che i cariocas chiamavano “bondin”, descrivevano una elegante curva in fondo alla spiaggia, quasi all’ombra delle due grandi pedras. Strano nome “bondin”, nome che tradiva, nell’originale parola inglese “bond” la nazionalità e la ragione sociale dell’impresa. Origine anche palesemente dimostrata dal fatto che il rumoroso veicolo, anche nel traffico cittadino, teneva tenacemente ed ostinatamente la mano sinistra.
San Conrado, breve spiaggia dalla lunga risacca, con poche capanne di pescatori, le piane paludose e disastrate della Barra e di Jacarepaguaà erano raggiungibili solo da strade che aggiravano a Nord il massiccio della foresta della Tiyuca, oppure che si inerpicavano con audaci tornanti sulla sella della Rochinha.
Negri era passato di buon mattino all’imbarcadero dell’idroscalo, vicino allo Yacht Club, dove lo attendeva Francesco in abiti borghesi, appena sceso dal mezzo che lo aveva trasbordato dalla Colombo.
Due ore dopo, la grossa Plymouth bianca che la LATI aveva messo a disposizione del Comandante, seguita da una vorticosa scia di polvere rossa, stava percorrendo veloce la strada sterrata che da Santa Cruz portava ad Angra dos Reis.
Ne abbiamo ancora per meno di cento chilometri caro Francesco e credo che per mezzogiorno potremo essere ad Angra
disse Negri che si era tolta la giacca e rimboccate le maniche, guidava la grossa macchina americana con la stessa disinvoltura con cui pilotava il suo trimotore. Forse il comandante aveva letto nella mente di Francesco.
Sai Francesco pilotare un aereo é molto più facile e meno pericoloso che guidare un’automobile, specialmente sulle strade brasiliane.
Il traffico era quasi inesistente ma il bestiame o qualche carro pieno di banane o canna da zucchero si presentava in mezzo alla strada, specialmente dopo qualche curva. Dopo Santa Cruz la pianura si estendeva con grandi estensioni coltivate a canna da zucchero e folti gruppi di palme di cocco.
Comandante, cosa è quel grande hangar laggiù verso il mare?
chiese Francesco indicando un’enorme edificio, che a tratti appariva lontano tra la vegetazione.
E’ la base del dirigibile tedesco Zeppelin, una grande aviorimessa che adesso non serve più. Credo che i tedeschi abbiano abbandonato l’idea della linea con il Sud America con i loro dirigibili. Fino ad oggi hanno fatto dal 1931 quasi cinquanta traversate Atlantiche. Credo che veramente adesso sia tutto finito, dopo che Lo scorso anno lo LZ 129 “Hindemburg” è andato a fuoco a Lakenhurst in “Nord America”.
Non capisco come si può pensare di navigare in aria con un wurstel del genere per più di ottanta ore di volo effettivo, più di quattro giorni a centoventi chilometri orari, se non c’è vento contrario. Mentre noi effettuiamo lo stesso percorso alla media di 350/400 chilometri. D’accordo che a bordo dello Zeppelin si mangia a tavola serviti da camerieri e si possono ascoltare concerti eseguiti con un pianoforte a coda, mentre sui nostri Savoia – Marchetti i passeggeri mangiano panini, tappandosi le orecchie con il cotone per non diventar matti per il casino che fanno gli Alfa Romeo. Tuttavia, la sofferenza e la paura durano molto di meno!
Deutchland! Deutchland uber alles! Adesso in Germania stanno costruendo un “LZ 130” più grande. Forse lo chiameranno “Adolfo Hitler”, ma prima o poi farà anche lui un altro bal botto!
Il Deutchland! Deutchland uber alles! Caro Francesco speriamo che l’Italia riesca a star fuori dalla tempesta che quel matto in camicia bruna sta scatenando in Europa.
Francesco ascoltava affascinato e interdetto le parole di Negri che gli sembrava un po’ un discorso di “fronda”. Tuttavia, anche a bordo della Colombo ed a casa di suo padre aveva sentito discorsi simili.
La Regia Marina, fedele al giuramento dato al Re, guardava con una certa “prudenza” al Regime Fascista che comunque l’aveva potenziata anche per poter avere una “Marina fascista”, come era palesemente riuscito nei confronti dell’aeronautica. Il programma di costruzioni navali per gli anni a venire era grandioso: quattro nuove corazzate da trentacinquemila tonnellate, nuovi incrociatori pesanti e leggeri, cacciatorpedinieri e addirittura più di cento sommergibili!
Accidenti” pensò Francesco “interrompendo il filo dei suoi pensieri, quei sommergibili per i quali veniamo addestrati sui pennoni della Colombo ed a bordo dei quali forse andremo a morire, come spesso aveva pensato per scherzo con i compagni comandati alle vele come gabbieri.
Si fermarono un paio di volte all’ombra di grandi “palmeras”, per bere direttamente dal frutto la fresca “agua de coco”, offerta da simpatici e sorridenti bimbi neri che maneggiavano con grande disinvoltura enormi e taglientissimi “machete”. Ormai la strada costeggiava il mare serpeggiando in continui saliscandi seguendo le incantevoli insenature protette al largo dalla massiccia “Isla Grande”.
Piccole e grandi isole coperte da palmizi e folta vegetazione costellavano il mare azzurro cobalto. Pochi chilometri dopo la cittadina di “Angra dos Reis”, con il suo piccolo porto affollato dai tipici velieri brasiliani dall’enorme dritto di prora e da un paio di scalcagnati ed arrugginiti piroscafi che caricavano minerali. Negri deviò per una stradina polverosa dopo essere passato sotto un rustico portale di legno sul quale era scritto “Fazenda Italia. La stradina, poco più di un sentiero, si avviava verso il mare e terminava dopo circa un chilometro all’ombra di un folto palmeto sotto il quale sorgeva, a pochi metri dal mare, una magnifica casa di campagna in legno e bianca muratura.
Negri fermò la macchina in una turbinante nuvola di polvere rossa con una specie di testacoda, slittando sulla ghiaia del piazzale e premendo a fondo il clakson.
Siamo arrivati dal cielo e dal mare!
gridò allegramente, mentre scendeva dalla macchina seguito da Francesco e dirigendosi verso un gruppo di persone che di corsa erano appena uscite dalla casa ed allarmate da quel frastuono.
Finalmente! Orfeo
disse un uomo con un cappellaccio di paglia sotto il quale, dopo esserselo tolto per agitarlo in segno di saluto, brillava una magnifica “pelata”.
E tu saresti il piccolo Francesco!
disse la graziosa donnina che inequivocabilmente era zia Lucia.
Benvenuti, benvenuti
e tutti si fusero in abbracci entusiastici.
Zia Lucia li mise rapidamente a loro agio, se mai ve ne fosse stato bisogno. In fin dei conti erano tutti di famiglia.
Poi fu un concitato ed inesauribile scambio di notizie.
(fine prima puntata)